Donne nell’arte: suor Caterina Vigri

“Poiché le donne sanno benissimo dare alla luce gli uomini, non c’è da meravigliarsi che vogliano poter anche creare,con la stessa facilità degli uomini a partire dalla pittura.” In questi termini il Vasari esprimeva la propria idea sul rapporto tra processo creativo e genere femminile, un legame non certo scontato e reso ancora più instabile dalla lacunosità di notizie con cui spesso si è affrontato il discorso nel corso dei secoli. Certamente l’Umanesimo e il nuovo pensiero rinascimentale, con la pari dignità assegnata ai sessi e il riconoscimento dello status di artista, non potevano non influenzare anche un così delicato tema sociale. Luogo per eccellenza, deputato al trasferimento di conoscenze artistiche, il convento accoglie tra il XV e il XVII sec. alcune delle più elevate rappresentati del mondo aristocratico, le quali iniziano in maniera naturale ad applicarsi nelle arti, specialmente in quelle utili ad arricchire i propri testi sacri. Infatti, nonostante la maggior parte delle regole ufficiali proibissero il possesso di oggetti personali all’interno della vita monastica, le parole del Savonarola e del De Dominici a favore di una formazione anche artistica delle suore non passarono inosservate. Sarà nel pieno ‘400 che il fenomeno delle donne artiste si afferma anche in Italia attraverso la singolare figura di Caterina Vigri (1413-1463), santa e co-patrona della città di Bologna , ma anche autrice di alcuni dipinti custoditi all’interno del Santuario del Monastero del Corpus Domini. L’educazione acquisita da fanciulla presso la fiorente corte ferrarese in qualità di dama di compagnia di Margherita d’Este, rappresenterà una costante nella sua vita almeno fino al momento della fondazione del monastero francescano bolognese. Riconosciuta per il carattere fortemente carismatico che contraddistingueva la propria fede e per gli scritti di carattere mistico , la sua personalità artistica resta tuttora vagamente definita. Musicista oltre che compositrice , la prima nota ufficiale sulla sua attività si ritrova nel testo di suor Illuminata Bembo (1469) redatto poco dopo la sua morte: riconosciuta come miniatrice e pittrice all’interno del monastero anche da parte di altre fonti ufficiali , paradossalmente durante gli studi del Novecento molti dei dipinti a lei inizialmente attribuite vennero assegnate a nomi più noti del panorama rinascimentale (Niccolò di Pietro, Giovanni Bellini , Orazio di Iacopo ). Ad oggi, l’unica opera indiscussa è il breviario personale scritto quasi totalmente dalla santa prima del 1452: contrariamente da quanto ci si può attendere l’esperienza effettuata presso la corte ferrarese,in un ambiente artistico all’avanguardia, non inciderà sullo stile utilizzato nelle miniature, così lontano da quello tipico dell’arte cortese. Le immagini, volutamente lasciate rozze, completano il testo e al tempo stesso si collocano come vere e proprie iconografie da supporto alla preghiera; lo stile essenziale e asciutto si addice alla assoluta preminenza del carattere simbolico e sacrale del testo, più volte definito da Caterina come “calice domini” , oggetto prezioso e reliquia da custodire gelosamente. Suddiviso in più parti (il calendario temporale e santorale, il salterio, l’innario, le commemorazioni nel proprio dei santi, il comune dei santi), le figure di Gesù in fasce e di Cristo adulto, così come i busti dei santi e i capilettera, sono trattati con uno stile lontano dai disegni floreali tipici dell’arte tardogotica, mentre le decorazioni trasmutano in trame esili, a mò di ricamo dai contorni sottili e netti. Ed è proprio all’arte del ricamo e ai suoi modelli trasmessi attraverso i corredi che le giovani suore dovevano necessariamente ispirarsi in mancanza di scambi con l’ambiente esterno; perfino le immagini dei santi possono essere riconnesse a prototipi già diffusi in ambienti monastici, come avviene per il San Francesco in occasione della festività delle stimmate (17 settembre) . Resa immortale dalla fermezza della sua fede, il corpo della giovane suora giace ancor’oggi incorrotto nella teca posizionata all’interno della sua cappella, visibile a tutti.

Maria Donata Ruggiero

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